Le rotte marittime nel Mediterraneo: i venti come motore e bussola degli antichi romani

Più che le note vie romane, furono le rotte marittime a collegare i diversi luoghi dell’Impero: il trasporto per via d’acqua ha permesso durante tutta l’epoca antica di far viaggiare persone e prodotti voluminosi e pesanti su lunghe distanze, senza un aumento proibitivo dei costi.

Più che le note vie romane, furono le rotte marittime a collegare i diversi luoghi dell’Impero: il trasporto per via d’acqua ha permesso durante tutta l’epoca antica di far viaggiare persone e prodotti voluminosi e pesanti su lunghe distanze, senza un aumento proibitivo dei costi.

Qualsiasi fossero gli inconvenienti della navigazione, i viaggi per mare presentavano, nonostante tutto, dei vantaggi rispetto ai trasporti terrestri, lenti, non confortevoli e pericolosi. Senza parlare della capacità di carico: qualche centinaia di chili per un carro, centinaia di tonnellate per un’imbarcazione.

Nel 301 d.c. l’editto pubblicato da Diocleziano fissava il prezzo massimo dei prodotti che circolavano a Roma, così da calmierare i prezzi in un periodo di grande inflazione. Questo importante documento ci fornisce dati precisi sui costi del commercio marittimo: il trasporto della stessa quantità di grano via terra costa per la stessa distanza almeno trenta volte il prezzo del suo trasporto per via marittima; il costo del trasporto fluviale è quasi quattro volte più elevato di quello del trasporto marittimo quando si scende il fiume, e quasi otto volte quando lo si risale.

Erano i venti ha determinare le rotte naturali poichè non erano solo il motore ma anche la bussola dei marinai antichi. Con vento favorevole, si può stimare che la distanza percorsa in una giornata diurna di navigazione equivalesse a 700 stadi (circa 130 km) per una velocità media dell’ordine di 4 e 5 nodi. In caso di traversate particolarmente rapide, si potevano raggiungere anche i 6 nodi.

Per navigare diversi giorni in alto mare non serviva dunque sono un cielo sereno che consentisse di osservare stelle e sole, ma soprattutto un vento stabile: la bonaccia per gli antichi è infatti un’altra figura della tempesta!

A ciò si aggiunge che il vento favorevole in una direzione diventa contrario per chi intende navigare nella direzione opposta. Ad esempio durante l’estate la stabilità dei venti consentiva percorsi molto rapidi da ovest verso est, ma diventava un ostacolo per chi volesse navigare in direzione opposta. Per questo motivo la stagionalità è stata un fattore essenziale dello sviluppo delle rotte marittime.

L’estate è caratterizzata da regimi di vento molto più stabili in alto mare e da regimi di brezze termiche lungo le coste. L’inverno lo è invece dall’instabilità delle direzioni e della forza del vento. Durante i periodi intermedi le condizioni sono di solito meno estreme, ma poco stabili, con presenza di brezze più deboli di quelle estive.

Ciò nonostante si navigava anche d’inverno, ma in modo diverso: se l’estate era il periodo giusto per le traversate in alto mare, il resto dell’anno era più adatto al cabotaggio. Si andava allora da ormeggio ad ormeggio, in attesa di condizioni favorevoli. Più che di rotte commerciali dobbiamo dunque parlare di “segmenti di rotte” applicabili di volta in volta a seconda delle condizioni metereologiche.

Fatte salve queste problematiche, si doveva senza dubbio tenere conto anche degli inevitabili pericoli non solo dovuti ai venti, ma anche alle correnti, all’attraversamento degli stretti, al doppiaggio dei promontori- Proprio per la loro pericolosità, alcuni tratti avevano acquistato una fama sinistra, come gli attraversamenti delle Bocche di Bonifacio, delle Colonne d’Ercole, del Bosforo, e dello Stretto di Messina, che non a caso nell’immaginario mitologico degli antichi era popolato dai mostri Scilla e Cariddi. Qua l’imperatore Caligola aveva addirittura intrapreso la costruzione di porti artificiali al fine di offrire un riparo dalle correnti di marea alle barche annonarie in arrivo dall’Africa.

Ma quali erano dunque le rotte, o meglio i segmenti di rotte nell’ antichità romana?

La rotta più famosa, poiché di grandissima importanza per il volume dei suoi commerci, era quella che andava da Roma ad Alessandria percorsa da navi annonarie che trasportavano cereali d’ogni tipo. Con il vento a favore si poteva compiere la traversata Pozzuoli-Alessandria in solo nove giorni, in sei giorni partendo dalla Sicilia, mentre ne erano necessari quattro per la tratta Roma-Cartagine.

Vi era poi la cosiddetta “via del vino” che dalle coste della Gallia scendeva lungo il canale del Tirreno per rifornire la capitale. Esistevano anche di percorsi in linea retta tra Gallia Narbonensis e Africa settentrionale (5 giorni) e tra Rodi e Alessandria (5 giorni).

Anche Plinio ci fornisce alcuni esempi: due giorni per andare da Ostia in Africa (capo Bon), sei giorni per raggiungere Alessandria attraverso lo Stretto di Sicilia, sette giorni per attraversare tutto il Mediterraneo occidentale da Cadice a Ostia. Ma questi erano tempi da record, perché chiaramente i viaggi potevano essere molto più lunghi: il greco Strabone ci racconta di una traversata Spagna-Italia durata ben tre mesi!

Ecco perchè prima di imbarcarsi a Roma si diceva sempre: “Si sa quando partirò ma non quando arriverò”