Un interessante contributo che il filosofo e retore greco Elio Aristide scrisse nel 144 d.C. , all’apice dell’espansione dell’Impero, in lode alla città di Roma.
“Qui confluisce da ogni terra e da ogni mare quello che generano le stagioni e producono le varie regioni, i fiumi, i laghi, e le arti dei Greci e dei barbari; se uno vuole osservare tutte queste cose, bisogna o che se le vada a vedere viaggiando per tutta l’ecumene, o che venga in questa città. Infatti quanto nasce e si produce presso ciascun popolo, non è possibile che non si trovi sempre qui addirittura in abbondanza.
Tante sono le navi da carico che giungono qui trasportando tutti i prodotti da tutti i luoghi, in ogni stagione, in ogni volgere d’autunno, che l’Urbe sembra il laboratorio generale della terra. E si possono vedere così tanti carichi dall’India e volendo anche dall’Arabia Felice, da presumersi che ormai a quei popoli gli alberi siano rimasti spogli, e che anche loro debbano venire qui a cercare i loro stessi prodotti, nel caso che abbiano bisogno di qualcosa; inoltre tessuti babilonesi e ornamenti dalle regioni barbare più lontane arrivano in molto maggiori quantità, e molto più facilmente, che se si dovesse venire ad Atene portando qualche prodotto di Nasso o di Citno; e l’Egitto, la Sicilia e la parte fertile dell’Africa sono come vostri poderi.
Gli arrivi e le partenze delle navi si succedono senza posa, così che c’è da meravigliarsi non tanto che il porto, quanto che il mare stesso riesca, se pure riesce, a contenere un così grande numero di imbarcazioni. E veramente si può dire, come diceva Esiodo degli estremi confini dell’Oceano – che c’è un luogo dove tutto confluisce in un’unico principio e in un’unica fine – che qui tutto converge, commerci, navigazioni, agricoltura, metalli lavorati, tutte quante le arti che ci sono o che ci sono state, tutto quanto è prodotto e generato dalla terra.
Quello che non si riesce a trovare qui, non rientra nell’ordine delle cose che sono esistite o che esistono; per questo non è facile decidere se sia più l’Urbe a superare le città a lei contemporanee, o il suo impero a superare tutti gli imperi del passato”.
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